Capita non di rado, in questo periodo di fermenti e rumori vari, di leggere e rileggere le encicliche di poeti, pradicatori e santoni vari sull'essere socialista e sul conseguente coraggio che comporti questo pensiero, neanche fossimo all'inizio degli anni novanta quando dire di essere socialista sembrava un invito a nozze, rivolto al magistrato del caso, per ricevere un avviso di garanzia. Per carità, tutti questi scritti non sono assolutamente da criticare, ci mancherebbe, peccato che il più delle volte difettano in due punti non proprio trascurabili; in primo luogo trattano l'argomento partendo da posizioni non chiare o fin troppo di parte. In secondo luogo vengono il più delle volte stilati da chi, se mai ha contribuito alla causa, ha sempre preferito le rotture alla costruzione e, se anche ha provato a costruire, ha demolito, indi stiamo parlando di persone che, giocando sul famoso motto massone 'il popolo non ha memoria', tentano di ricostruirsi una sorta di verginità. Vedete, care compagne e compagni, non penso che si possa mettere sul tavolo un costruttivo discorso identitario e di ricomposizione della diaspora partendo dagli attacchi personali a segreterie eccetera, un atteggiamento simile non può portare ad altro che ad un'intensificazione dei dissapori che rischiano di tramutarsi in odi. Lo dice una persona che, come tutti sanno, non vede di buon occhio Nencini e la sua dirigenza, però queste analisi sui singoli rappresentanti vanno fatte nell'ottica di critiche diverse, non nel parlare idealmente di un'identità. Stessa cosa dicasi per questo continuo discorrere di identità socialista guardando al PD ed alle esternazioni di Bersani. Anche in questo caso non vedo il nesso con le teorie sul coraggio di essere socialisti. Non lo vedo perché il PD non rappresenta il socialismo e non lo vedo perché Bersani non ha mai compiuto quel revisionismo ideologico che, ancora oggi, me lo fa identificare come un comunista con i vestiti nuovi e le scarpe vecchie. La malizia mi porta inevitabilmente a pensare che chi fa certi riferimenti voglia stordire il popolo socialista introducendo subdolamente nella testa dei più l'idea di una possibile alleanza futura con la 'cosa' democratica, ma spero di sbagliarmi. C'é stato poi chi, dimostrando di non essere un grande statista, ha profetizzato la candidatura a premier del centrosinistra di Casini. È questa un'ipotesi che preferisco considerare più un volontario modo di ridere che una cosa seria, anche perché chi l'ha scritta, se l'avesse scritta seriamente, dimostrerebbe una scarsissima capacità di analisi della realtà. Andando avanti, detto francamente, ancora non riesco a capire questa frase che continua a girare nell'aria come una mosca fastidiosa, questo slogan da mercatino cingalese che recita 'unità a sinistra'. Ma di cosa stiamo parlando signore e signori? Parliamo di un'alleanza con Ferreo, Di Liberto, Vendola e Di Pietro? Allora chiariamoci e stabiliamo fin da subito quali sono le nostre priorità: ricostruire un forte ed autonomo Partito Socialista Italiano o essere i cavalieri serventi dell'ennesimo non - leader impostoci dal PD? Se si tratta di fare i cavalier serventi, permettetemi, con chi la pensa così ci troviamo su posizioni distanti anni luce che difficilmente potranno incontrarsi nel prossimo futuro. Io, e come me so moltissimi di voi, non sono disposto a supportare una causa solo per garantire un posto nelle istituzioni a chi manca di un salario. Se invece parliamo della ricostituzione del Partito Socialista Italiano, cosa alla quale so per certo la maggioranza di noi punta, allora il ragionamento cambia, cambia perché, come ho ripetuto più volte e mai finirò di ripeterlo, va assunta una posizione autonomista che non si appiattisce né a sinistra né a destra ed è aperta al dialogo a 360 gradi, una posizione prima di tutto identitaria che parte da due punti fondamentali; primo, il riconoscimento da parte di tutti dei nostri principi comuni che trovano le loro radici nella congiunzione inscindibile dei valori liberali, socialisti e cristiani. Secondo, la costruzione di un programma politico realmente riformista che vanti obbiettivi di larga condivisione e che tratti i problemi reali del paese e non i problemi secondari, indi il sistema economico in primisi, con un occhio particolare a piccole e medie imprese, artigianato, agricoltura e turismo, riscrivendo le regole di un libero mercato che, grazie all'anarchismo degli ultimi quasi due decenni, si è tramutato in liberticida. Così come va rivisto il problema dell'occupazione con una revisione dell'attuale sistema contrattuale ed il perfezionamento della legge Biagi tenendo presenti il cambiamento del mercato a livello globale e via così toccando tutti quelli che sono i nervi scoperti e doloranti del nostro paese. Questo, a mio avviso, è il coraggio di essere socialisti, ovvero il coraggio di proporre concretamente le idee, non le parole al vento ed i commenti estemporanei che tirano su due consensi e che di fatto non lasciano alcunché. Vi invito ad iscriversi al gruppo Partito Socialista Italiano (PSI) su Facebook.
domenica 30 agosto 2009
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