venerdì 25 settembre 2009

BAFFETTO: L'INNOCENZA DI UN PARGOLO

Massimo D'Alema, in pratica un puttino della politica, un'anima innocente, una vittima di non si sa chi, nonché l'unico vero amico di Silvio Berlusconi, come abbiamo potuto vedere a Le Iene, ha montato su una serie di battute che neanche il più bravo dei comici di Zelig avrebbe potuto fare di meglio. In sintesi si è definito socialista da sempre e si è detto dispiaciuto di non essersi alleato con Craxi, con il quale oggi si unirebbe senza remore, ma la colpa non era sua, era troppo piccolo. Eh si, il buon 'baffetto' è stato sempre un socialista, non possiamo negarlo. Chi non lo ricorda al nostro fianco a manifestare per l'istallazione degli euromissili contro i sovietici mentre quegli eretici dei comunisti manifestavano contro il governo Craxi e, alle loro feste dell'Unità, vendevano l'ottima trippa alla Bettino? Chi non lo ricorda impegnato insieme a noi per la causa palestinese, per Sigonella e per la questione Cilena? Chi non ricorda un laico Massimetto al nostro fianco a Palazzo Madama per la firma del Nuovo Concordato e la definizione della laicità dello Stato, quando al contrario quei cattivoni dei comunisti, giusto qualche anno prima, diedero il loro placet per il mantenimento dei Patti Lateranensi? Chi non ricorda un D'Alemino, sempre fanciullo sia chiaro, al nostro fianco per l'approvazione del Decreto di San Valentino mentre i comunisti brutti e cattivi, con la complicità di De Benedetti e Romiti, ci remavano palesemente contro? E come dimenticare l'euforia, sempre al nostro fianco, di questo piccolo incompreso socialista alla caduta del muro di Berlino? Certo, lui era troppo piccolo e, molto probabilmente, siamo noi che non lo riusciamo a ricordare perché era così piccolo, ma così piccolo, che non lo vedevamo. Comunque, sarà stato anche piccolo piccolo, ma era comunque un bambino prodigio, anche questo non possiamo dimenticarlo care mie e cari miei. Non a caso non fu lui, insieme ad un giovane chierichetto chiamato Veltroni, ad andare a supplicare Bettino Craxi di non andare alle elezioni per non eliminare quelle anime innocenti dei comunisti dalla scena politica all'indomani della caduta del muro. Così come fu lui, sempre insieme al piccolo chierichetto, a pregare Craxi di lasciarli entrare nell'internazionale socialista promettendo la fusione tra l'ex PCI ed il PSI per la costruzione di una grande unità socialista. Una cosa però ce la ricordiamo tutti, non fu certo lui che sui quotidiani, nel bel mezzo di Tangentopoli scrisse, riporto testualmente alcuni stralci tratti da La Repubblica di quegli anni: "Il problema di Craxi è chiamarsi Craxi", "I socialisti sono stati il cancro del nostro paese", "I socialisti finalmente staranno insieme ai propri simili in galera" etc... Lui, un uomo così nobile, così coerente, così religioso, quando fu Presidente del Consiglio (per sbaglio) ancora oggi soffre perché non permise a Craxi il ricovero in Italia a pochi giorni dalla sua morte, ma non lo permise sempre per lo stesso motivo, poverino era troppo piccolo, non lo biasimate per favore. Vedete, care compagne e compagni, nella politica gli errori si fanno, nessuno può dirsi immacolato, così come è palese che la menzogna ha sempre fatto parte dell'arte della politica, ma qui andiamo ben oltre qualche errore o qualche falsa dichiarazione, qui siamo di fronte ad un personaggio che con queste parole, in linea con la tradizione comunista, sta letteralmente tentando di trasformare la realtà e sta offendendo noi e chi, ormai nell'aldilà, non può rispondere. In conclusione, un brocardo massone dice che 'il popolo non ha memoria'. Bene, il popolo potrà anche non avere memoria, ma il singolo si. E poi c'é chi ha il coraggio di dire che sbagliamo ad avere un'ambizione autonomista... Certo, allearsi con questo signore sarebbe più edificante, no?
Grazie
Aldo Luigi Mancusi

Vi riporto la versione integrale del discorso che ho letto alla manifestazione dei Socialisti Incazzati

Care compagne e cari compagni,
permettetemi di iniziare questo breve intervento facendo a me ed a voi un augurio: spero che, se Dio vuole, questa sia l'ultima volta che ci incontriamo ad una manifestazione come socialisti incazzati, così come spero che il futuro ci riservi una serie infinita di eventi come socialisti forti, uniti e presenti nella società. Dico questo perché sono convinto che siamo qui oggi con l'intento di guardare al futuro in modo costruttivo e propositivo, nonché con la voglia e la volontà di affrontare la sfida della rinascita di una grande Partito Socialista Italiano. Ma, prima di ogni cosa, di ogni buon proposito e di ogni bella parola, poniamoci insieme la domanda: socialisti incazzati con chi? Incazzati con le degenerazioni della prima Repubblica? Incazzati con i moti giacobini organizzati ad arte dai poteri forti che ci hanno colpiti 17 anni fa? Incazzati con Di Pietro? Incazzati con i comunisti? Incazzati con l'incapacità delle varie micro dirigenze che, da un lato e dall'altro della staccionata, si sono susseguite nel corso degli anni? Bene, care compagne e compagni, se vogliamo essere onesti e cerchiamo un colpevole con cui essere incazzati, come spesso accade in questi casi, non c'é che da guardarsi allo specchio. Noi, il popolo socialista, siamo stati i primi a decretare la nostra fine. Senza stare qui a straparlare di eventuali golpe, finte rivoluzioni eccetera, dobbiamo essere così onesti da ammettere che alla fine di quella pagina oscura, tipicamente italiana, chiamata Tangentopoli, senza più un leader alla nostra guida, restammo tutti a briglia sciolte ed ognuno di noi singolarmente si sentì, come la maggioranza si sente ancora oggi, portatore della verità socialista. Così ebbe inizio la nota diaspora; molti si accasarono nel centrodestra contribuendo alla nascita di Forza Italia ed alla crescita dell'allora MSI poi Alleanza Nazionale. Pochi decisero di accasarsi con l'allora PDS ed ancora meno decisero di abbracciare le cause di Sdi e Nuovo Psi. Cito, per dovere di cronaca, anche i singoli megalomani che nel corso degli anni hanno tentato di dare vita a partitini socialisti ad personam che come sono nati sono fortunatamente morti. Mentre tutti difendevano il proprio misero fazzoletto di terra e mentre ci accusavamo a vicenda di aver tradito le nostre radici, nessuno, dalla base alle varie dirigenze, si è mai messo di fronte ad uno specchio e si è detto: ma cosa stiamo facendo? Vergognosi interessi personali, mancanza di coraggio ed un'inspiegabile cecità di massa ci hanno lentamente cancellati dal panorama istituzionale e, cosa ancora peggiore, dalla gente. Questa è ed è stata la nostra più grande tragedia. Allora, care compagne e cari compagni, io sono qui oggi per lanciarvi una sfida, ripartiamo da qui, da questa domenica 20 settembre, con la ricomposizione del popolo socialista, guardandoci prima di tutto come fratelli e non più come avversari. Il Partito Socialista Italiano nel suo secolo di storia ha sempre visto e vissuto al suo interno la presenza di più anime, una più vicina alle ragioni marxiste, ed una più vicina al pensiero liberale, ovvero la corrente culturale del socialismo moderno e riformista. A questo punto però nasce un dubbio; quanto queste due anime possono convivere all'interno di un unico grande partito che si candidi a rappresentare il socialismo? Ebbene sono convinto che anche il solo chiedersi se queste due anime possono convivere è un grave errore. Io penso che queste due anime non solo possono ma devono convivere sotto un unico simbolo perché sono l’una complementare dell’altra. Un Partito Socialista Italiano che vuole essere rappresentante del socialismo in tutte le sue forme, lo deve essere senza esclusioni perché, a ben vedere, sono proprio le diverse prospettive che creano un dialogo, un dialogo che porta inevitabilmente ad un equilibro che conseguentemente rende cosa certa la coesione socialista e la forza di una posizione data dall'unità unita. Pensare alla ricostituzione di un grande soggetto socialista unitario non deve e non può trovare le sue fondamenta in una posizione di parte, personalistica o ciclopica. La prima cosa da fare perciò, come ho appena accennato, è mettere da parte gli egoismi e sapere accettare anche una posizione minoritaria, eliminando i deprecabili interessi personali e tirando fuori quello spirito socialista che pone al primo posto l'unità del partito e non gli inutili scissionismi, lo fecero Nenni e Craxi a suo tempo dandoci una lezione che molti hanno dimenticato, preferirono stare in minoranza in nome dell’unità piuttosto che abbandonare la casa socialista. Dobbiamo poi chiarirci sulla posizione da assumere nei confronti della altre forze politiche, un punto questo che va sottolineato in modo netto, incisivo e preciso. Ebbene io dico che l'unica via da perseguire è quella dell'autonomia, senza se e senza ma di alcun tipo. Abbiamo il dovere di dialogare con chiunque, nessuno escluso, ma senza per questo svenderci a chi che sia cedendo il nostro patrimonio per un paio di seggi che ingrasserebbero i soliti incapaci. Noi dobbiamo ambire alla rinascita di un Partito Socialista Italiano che si candidi ad essere una forza di governo e non sia più subalterno a nessuno. Ciò, sia ben chiaro, non vuol dire rinnegare sé stessi, al contrario dobbiamo compiere tutti gli sforzi possibili per costruire un partito che diventi il faro del centrosinistra e non una minuscola microentità servile e senza ossatura che va chiedendo la questua ai vari Prodi, Berlusconi, Veltroni ed oggi Vendola. I vecchi leoni socialisti, nostra croce e delizia, che hanno molti meriti e troppe colpe, hanno sicuramente il diritto ed il dovere di essere parte di questo progetto, ma in particolar modo i vari Martelli, Zavettieri, Caldoro, Craxi, Boselli, De Michelis, Nencini, Locatelli, cavalieri serventi e via dicendo, devono avere l'umiltà di non pretendere le luci della ribalta a tutti i costi e di dare una possibilità al Partito Socialista Italiano mettendo a disposizione le loro sole esperienze e sostenendo una nuova e giovane classe dirigente. Mi rivolgo poi ai socialisti singolarmente considerati, voi siete il vero motore di tutto. Se per primi voi non eliminerete i vostri dissapori e contrasti con altre compagne e compagni che hanno scelto vie diverse e non sarete sempre voi per primi a dialogare con e tra voi tutti, da chi è oggi in Sinistra e Libertà a chi è nella Pdl, quella che si pone come la realizzazione di una fantastica follia la tramuterete voi per primi nell'ennesima delusione. Solo alla fine di questi primi passi, una volta costituita l'ossatura di questo ambizioso progetto, ci dovremo sedere a tavolino e mettere in piedi un grande programma politico che dovrà rappresentare in modo chiaro e senza equivoci il nostro pensiero, pensiero che trova le sue radici nella congiunzione inscindibile dei valori liberali, socialisti e cristiani, evitando di fare la fine di chi fino a ieri, travestendosi da socialista, si è riempito la bocca di frasi fatte, slogan da discount e colori sfarzeschi che godevano dei riflessi delle luci altrui. Nostro compito sarà mettere fine a questa idea illusoria, partorita dall'incapacità di questa seconda finta Repubblica, che le sorti del paese siano nelle sole mani della grande industria, della finanza e delle banche. Da quasi un ventennio, a discapito della nostra vera ricchezza, i governi che si sono succeduti negli anni ci hanno messi al servizio di questi signori, hanno reso l'Italia un paese sotto scacco ed anno arricchito pochi con i soldi di molti: tutto questo deve finire. La nostra vera ricchezza, quella su cui più di ogni altra dobbiamo investire, sono le aziende private e pubbliche, le piccole e medie imprese, gli artigiani, l'agricoltura, il turismo, la ricerca, la cultura, i commercianti, i professionisti, gli operai, l'esperienza degli anziani e le capacità dei giovani. Questo, sia ben chiaro, non vuol dire ignorare o combattere grande industria, finanza e banche, bensì vuole dire riportare un equilibrio, che è cosa diversa, perché è innegabile che le sorti del nostro paese siano anche nelle mani di questi soggetti. Allo stesso modo dobbiamo anche toglierci dalla testa tutte queste filastrocche demagogiche che sentiamo ultimamente in ogni comizio e tribuna politica che dir si voglia; dopo la stagione dei Rom, per moltissimi l’autentico pericolo della sicurezza sociale, altro che mafia, ‘ndrangheta e camorra di cui, tra parentesi, non parla più nessuno, le nuove reclame del momento sono due; la difesa dei redditi più bassi e l’economia verde. Mi chiedo se questi ‘signori’ della politica sappiano di cosa parlano.. Sarei in particolar modo curioso di sapere da Bersani, Vendola e Di Pietro se sanno esattamente di cosa parlano quando si dilettano in certe affermazioni. Senza qui tirare in ballo le azioni dell’attuale maggioranza che sono sotto gli occhi di tutti e che saranno i fatti a giudicare, è ovvio che mi rivolgo con un occhio più attento a chi oggi pensa di rappresentare, ma non rappresenta, il centrosinistra italiano. Vi chiedo se Bersani ed il PD hanno realmente un progetto politico? Un partito che, oltre a non trovare una collocazione in Europa, non riesce a dialogare con sé stesso neanche per l’abc e che si vergogna a parlare di socialismo, ma al contrario preferisce voltarsi ad osannare i fallimenti di Berlinguer, difficilmente penso sia in grado di redigere un progetto credibile per il paese.. Vendola, ad esclusione del dire che si deve salvaguardare l’ambiente e che vanno colpiti i redditi più alti, ha un progetto? Neanche in questo caso mi sembra si possa parlare di ciò. Dire, perché lo si deve dire, di colpire i redditi più alti senza però spiegare il come ed il perché, così come dire di salvaguardare l’ambiente senza proporre un piano concreto in tal senso, mi sembrano solo delle belle parole buttate al vento. Su Di Pietro c’è poco da commentare. Se togliamo all’ex magistrato non gli atteggiamenti giacobini, ma la figura di Berlusconi, mi sembra che di sostanza nel contenitore dell’I.D.V. non ne rimanga, sempre se possiamo parlare di sostanza rivolgendo i nostri guardi al partito dell’ex commissario. Ed allora, come ho poco prima accennato, ecco che sorge, in modo chiaro e forte, il bisogno di un ritorno a pié pari del Partito Socialista Italiano come centro di gravità di questo centrosinistra alla deriva. Per questo vi ribadisco, in modo ancora più forte, che se non si inizia a costruire un progetto politico che parta da quelle che sono le nostre vere ricchezze, non dai rapporti esclusivi ed a senso unico tra le istituzioni ed alcuni poteri forti, rapporti che l’intero arco parlamentare ha sempre e silenziosamente protetto, parlare di difesa dei redditi più bassi e di economia verde sono semplicemente un continuo offendere e sfruttare le speranze di chi ha bisogno ed un beffarsi dei sempre più precari equilibri del nostro ecosistema. Prima di avviarmi alle dovute conclusioni permettetemi di accennare un secondo al discorso della laicità. Il tema in questione, che per quanto a me caro, devo ammettere che non lo vedo, in questo momento storico, come uno dei problemi fondamentali della nostra bella Italia, per quanto è innegabile abbia una sua rilevanza. Anche in questo caso dobbiamo rivolgerci ai fatti con il linguaggio della verità evitando di partire da posizioni precostituite. Se è vero che da un lato il Vaticano è realmente e costantemente impegnato nel sociale e, il più delle volte, aiuta concretamente chi ha bisogno più dello stesso Stato Italiano (a tal proposito non vi consiglio neanche di farvi un giro alla mensa della Caritas, ma vi invito a farvi un giro delle singole parrocchie e chiedere ai parroci del caso quanta gente ogni giorno trova solo in queste sedi soldi, cibo e quanto altro), è anche vero che le ingerenze dell’alto clero nella sfera decisionale dello Stato Italiano, da sempre e non da oggi, sono il più delle volte eccessive. Personalmente però guardo il problema puntando il mio interesse alla sostanza, non alla conseguenza. La sostanza è che se il Vaticano ha uno spazio di azione così ampio nei nostri confronti la colpa fondamentale è della nostra classe politica, incapace di dialogare con questo, ribadendo le rispettive identità, per paura di perdere i famosi consensi dei cattolici, senza rendersi conto che in molti casi sono proprio i cattolici di oggi i primi ad essere critici nei confronti delle alte sfere del clero, vi basti pensare solo a quanti cattolici si identificano oggi nell’area socialista e sono presenti qui oggi. Ad ogni modo, chiudendo questa breve parentesi sul discorso della laicità, vi invito tutti a non esasperare mai i toni evitando che questa giusta rivendicazione porti ad assurde degenerazioni che sviano il concetto stesso di laicità e, nella realtà dei fatti, predicano l’ateismo di Stato, questo sarebbe inammissibile. In conclusione, care compagne e cari compagni, rinnovandovi l’invito ad essere presenti il 10 ottobre qui a Roma al Teatro Eliseo per iniziare concretamente a lavorare sul nostro futuro, mi rivolgo al vostro orgoglio, mi rivolgo alla nostra storia fatta di grandi conquiste e sconfitte amare, mi rivolgo al vostro ottimismo e vi lascio con una riflessione: da solo non potrò mai spostare una montagna, ma in due potremo iniziare a scavare.
Grazie
Aldo Luigi Mancusi