Neanche a farlo di proposito proprio oggi ho avuto l’occasione di avere un costruttivo scambio di opinioni con un compagno sulla questione della diaspora dei socialisti e, me tapino, ancora una volta ho avuto la riconferma delle mie ipotesi, fortunatamente condivise dal compagno in questione. Le varie dirigenze socialiste, partendo da Boselli, passando per De Michelis fino a Caldoro e Nencini, hanno compiuto sempre gli stessi errori; in primo luogo hanno mancato di ambizione politica. Badate bene però che come ambizione politica in questo caso non intendo il voler raggiungere singolarmente dei posti di ‘potere’, bensì intendo qualcosa di ben più nobile, ovvero la ricerca spasmodica di realizzare un sogno comune. Le varie dirigenze non sono mai riuscite a cogliere realmente la sfida del bipolarismo, hanno confuso l’autonomia socialista con la proprietà di un nome e di un simbolo, o con la rivendicazione di una storia, una storia che se nulla insegna a poco serve. Così, in modi e tempi diversi, gli svariati micro partiti socialisti si sono arresi alla loro cecità e si sono appiattiti chi a destra chi a sinistra della staccionata, dividendosi le misere rendite delle singole questue che ognuno mendicava e non di meno guadagnandosi anche più di una porta in faccia. Così, come De Michelis fu definito da Berlusconi impresentabile e relegato in un’inutile posizione da outsider, Bosseli fu sfruttato da Prodi prima ed ignorato da Veltroni poi. Attualmente, come se tutto ciò non fosse stato abbastanza, la situazione, pur essendo peggiorata nella forma, fondamentalmente è rimasta immutata e da un lato abbiamo un Nencini che, vuoi per mancanza di strategia, vuoi per garantirsi la poltrona alla regione, si federa/fonde/discioglie/svende in Sinistra e Castità, mentre dall’altro lato abbiamo un Caldoro che non solo è stato soffocato, ma è stato relegato nel ruolo di soldato semplice/cavalier servente dal Silvio nazionale. Il secondo problema, andando avanti nell’analisi, è stato il non compiere un lavoro certosino guardando al popolo socialista nella sua complessità. Nessuno si è accorto, o si è voluto accorgere, che il problema tattico non era la ricomposizione di due o tre sigle che, di per sè, anche se unite a poco servono, il problema era ed è l’intercettazione di quell’elettorato socialista che, a denti stretti, si è accasato da un lato o dall’altro della staccionata. Facciamo due esempi concreti, mi spiegate perchè un elettore socialista dovrebbe preferire il PS ai Radicali o al PD visto che lo stesso PS si appiattisce sulle linee politiche di questi (sempre che il PD abbia una line ad essere sinceri)? E mi spiegate perché un elettore socialista dovrebbe preferire il Nuovo Psi alla PDL visto che il Nuovo Psi si appiattisce sulle posizioni del Cavaliere? Ovvio che, a parte i nostalgici della prima ora e qualche amico di amici, gli elettori hanno ampiamente risposto alle domande che ci siamo appena posti. È la storia, verso la quale non finirò mai dire dobbiamo rivolgerci usando il linguaggio della verità, che ci da una chiara soluzione e, questa soluzione, ha un procedimento lungo, lento e di sicura efficacia. Abbiamo un duplice compito da portare avanti nel corso dei prossimi quattro anni: dobbiamo offrire all’elettorato socialista la sua casa storica rivendicando la nostra indiscutibile e storica autonomia seguendo l’esempio di Nenni prima e Craxi poi. Se un tempo i giganti con cui confrontarci erano PCI e DC, oggi sono PD e PDL, di fatto le cose non sono cambiate. Dobbiamo scrollarci di dosso tutte le metastasi che abbiamo assorbito da Sinistra e Castità, Radicali, Ulivo e PDL e riappropriarci delle nostre idee storiche costruendo e portando avanti degli obbiettivi ed offrendo l’alternativa socialista al paese, un’alternativa che, ripeto per l’ennesima volta, trova lesue radici nei valori liberali, socialisti e cristiani. L’attuale posizione dell’UDC è la dimostrazione che lo spazio fuori dalle due muraglie c’é e, se ci riescono i democristiani, non vedo perché noi non dovremmo riuscirci. Non dobbiamo avere paura come chi ci ha fino ad oggi preceduto ma dobbiamo cogliere la sfida del 4%, una sfida che con il duro lavoro che ci aspetta sono convinto supereremo brillantemente, ma per fare ciò dobbiamo riuscire a compiere il passo più difficile che ci ha resi sempre zoppi e che non siamo mai riusciti a fare, un passo che riempie di responsabilità ognuno di noi singolarmente, ovvero ricomporre la diaspora socialista e, per uscirne vincenti, dobbiamo fare sapere a tutti i compagni, indipendentemente da dove sono collocati attualmente, che il Partito Socialista Italiano, il loro partito, quello che ha fatto grande l’Italia e che ha contribuito in nodo fondamentale a dar vita all’Europa, quel Partito è tornato ed ha bisogno dell’aiuto di tutti.
Aldo Luigi Mancusi
domenica 23 agosto 2009
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